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Paradiso (Italian)

 LA DIVINA COMMEDIA
di Dante Alighieri
PARADISO



Paradiso: Canto I

 La gloria di colui che tutto move
per l'universo penetra, e risplende
in una parte pi? e meno altrove.
Nel ciel che pi? de la sua luce prende fu' io, e vidi cose che ridire n? sa n? pu? chi di l? s? discende; perch? appressando s? al suo disire, nostro intelletto si profonda tanto, che dietro la memoria non pu? ire.
Veramente quant'io del regno santo ne la mia mente potei far tesoro, sar? ora materia del mio canto.
O buono Appollo, a l'ultimo lavoro fammi del tuo valor s? fatto vaso, come dimandi a dar l'amato alloro.
Infino a qui l'un giogo di Parnaso assai mi fu; ma or con amendue m'? uopo intrar ne l'aringo rimaso.
Entra nel petto mio, e spira tue s? come quando Marsia traesti de la vagina de le membra sue.
O divina virt?, se mi ti presti tanto che l'ombra del beato regno segnata nel mio capo io manifesti, vedra'mi al pi? del tuo diletto legno venire, e coronarmi de le foglie che la materia e tu mi farai degno.
S? rade volte, padre, se ne coglie per triunfare o cesare o poeta, colpa e vergogna de l'umane voglie, che parturir letizia in su la lieta delfica deit? dovria la fronda peneia, quando alcun di s? asseta.
Poca favilla gran fiamma seconda: forse di retro a me con miglior voci si pregher? perch? Cirra risponda.
Surge ai mortali per diverse foci la lucerna del mondo; ma da quella che quattro cerchi giugne con tre croci, con miglior corso e con migliore stella esce congiunta, e la mondana cera pi? a suo modo tempera e suggella.
Fatto avea di l? mane e di qua sera tal foce, e quasi tutto era l? bianco quello emisperio, e l'altra parte nera, quando Beatrice in sul sinistro fianco vidi rivolta e riguardar nel sole: aquila s? non li s'affisse unquanco.
E s? come secondo raggio suole uscir del primo e risalire in suso, pur come pelegrin che tornar vuole, cos? de l'atto suo, per li occhi infuso ne l'imagine mia, il mio si fece, e fissi li occhi al sole oltre nostr'uso.
Molto ? licito l?, che qui non lece a le nostre virt?, merc? del loco fatto per proprio de l'umana spece.
Io nol soffersi molto, n? s? poco, ch'io nol vedessi sfavillar dintorno, com'ferro che bogliente esce del foco; e di s?bito parve giorno a giorno essere aggiunto, come quei che puote avesse il ciel d'un altro sole addorno.
Beatrice tutta ne l'etterne rote fissa con li occhi stava; e io in lei le luci fissi, di l? s? rimote.
Nel suo aspetto tal dentro mi fei, qual si f? Glauco nel gustar de l'erba che 'l f? consorto in mar de li altri d?i.
Trasumanar significar per verba non si poria; per? l'essemplo basti a cui esperienza grazia serba.
S'i' era sol di me quel che creasti novellamente, amor che 'l ciel governi, tu 'l sai, che col tuo lume mi levasti.
Quando la rota che tu sempiterni desiderato, a s? mi fece atteso con l'armonia che temperi e discerni, parvemi tanto allor del cielo acceso de la fiamma del sol, che pioggia o fiume lago non fece alcun tanto disteso.
La novit? del suono e 'l grande lume di lor cagion m'accesero un disio mai non sentito di cotanto acume.
Ond'ella, che vedea me s? com'io, a quietarmi l'animo commosso, pria ch'io a dimandar, la bocca aprio, e cominci?: «Tu stesso ti fai grosso col falso imaginar, s? che non vedi ci? che vedresti se l'avessi scosso.
Tu non se' in terra, s? come tu credi; ma folgore, fuggendo il proprio sito, non corse come tu ch'ad esso riedi».
S'io fui del primo dubbio disvestito per le sorrise parolette brevi, dentro ad un nuovo pi? fu' inretito, e dissi: «Gi? contento requievi di grande ammirazion; ma ora ammiro com'io trascenda questi corpi levi».
Ond'ella, appresso d'un pio sospiro, li occhi drizz? ver' me con quel sembiante che madre fa sovra figlio deliro, e cominci?: «Le cose tutte quante hanno ordine tra loro, e questo ? forma che l'universo a Dio fa simigliante.
Qui veggion l'alte creature l'orma de l'etterno valore, il qual ? fine al quale ? fatta la toccata norma.
Ne l'ordine ch'io dico sono accline tutte nature, per diverse sorti, pi? al principio loro e men vicine; onde si muovono a diversi porti per lo gran mar de l'essere, e ciascuna con istinto a lei dato che la porti.
Questi ne porta il foco inver' la luna; questi ne' cor mortali ? permotore; questi la terra in s? stringe e aduna; n? pur le creature che son fore d'intelligenza quest'arco saetta ma quelle c'hanno intelletto e amore.
La provedenza, che cotanto assetta, del suo lume fa 'l ciel sempre quieto nel qual si volge quel c'ha maggior fretta; e ora l?, come a sito decreto, cen porta la virt? di quella corda che ci? che scocca drizza in segno lieto.
Vero ? che, come forma non s'accorda molte fiate a l'intenzion de l'arte, perch'a risponder la materia ? sorda, cos? da questo corso si diparte talor la creatura, c'ha podere di piegar, cos? pinta, in altra parte; e s? come veder si pu? cadere foco di nube, s? l'impeto primo l'atterra torto da falso piacere.
Non dei pi? ammirar, se bene stimo, lo tuo salir, se non come d'un rivo se d'alto monte scende giuso ad imo.
Maraviglia sarebbe in te se, privo d'impedimento, gi? ti fossi assiso, com'a terra quiete in foco vivo».
Quinci rivolse inver' lo cielo il viso.
Paradiso: Canto II O voi che siete in piccioletta barca, desiderosi d'ascoltar, seguiti dietro al mio legno che cantando varca, tornate a riveder li vostri liti: non vi mettete in pelago, ch? forse, perdendo me, rimarreste smarriti.
L'acqua ch'io prendo gi? mai non si corse; Minerva spira, e conducemi Appollo, e nove Muse mi dimostran l'Orse.
Voialtri pochi che drizzaste il collo per tempo al pan de li angeli, del quale vivesi qui ma non sen vien satollo, metter potete ben per l'alto sale vostro navigio, servando mio solco dinanzi a l'acqua che ritorna equale.
Que' gloriosi che passaro al Colco non s'ammiraron come voi farete, quando Ias?n vider fatto bifolco.
La concreata e perpetua sete del deiforme regno cen portava veloci quasi come 'l ciel vedete.
Beatrice in suso, e io in lei guardava; e forse in tanto in quanto un quadrel posa e vola e da la noce si dischiava, giunto mi vidi ove mirabil cosa mi torse il viso a s?; e per? quella cui non potea mia cura essere ascosa, volta ver' me, s? lieta come bella, «Drizza la mente in Dio grata», mi disse, «che n'ha congiunti con la prima stella».
Parev'a me che nube ne coprisse lucida, spessa, solida e pulita, quasi adamante che lo sol ferisse.
Per entro s? l'etterna margarita ne ricevette, com'acqua recepe raggio di luce permanendo unita.
S'io era corpo, e qui non si concepe com'una dimensione altra patio, ch'esser convien se corpo in corpo repe, accender ne dovr?a pi? il disio di veder quella essenza in che si vede come nostra natura e Dio s'unio.
L? si vedr? ci? che tenem per fede, non dimostrato, ma fia per s? noto a guisa del ver primo che l'uom crede.
Io rispuosi: «Madonna, s? devoto com'esser posso pi?, ringrazio lui lo qual dal mortal mondo m'ha remoto.
Ma ditemi: che son li segni bui di questo corpo, che l? giuso in terra fan di Cain favoleggiare altrui?».
Ella sorrise alquanto, e poi «S'elli erra l'oppinion», mi disse, «d'i mortali dove chiave di senso non diserra, certo non ti dovrien punger li strali d'ammirazione omai, poi dietro ai sensi vedi che la ragione ha corte l'ali.
Ma dimmi quel che tu da te ne pensi».
E io: «Ci? che n'appar qua s? diverso credo che fanno i corpi rari e densi».
Ed ella: «Certo assai vedrai sommerso nel falso il creder tuo, se bene ascolti l'argomentar ch'io li far? avverso.
La spera ottava vi dimostra molti lumi, li quali e nel quale e nel quanto notar si posson di diversi volti.
Se raro e denso ci? facesser tanto, una sola virt? sarebbe in tutti, pi? e men distributa e altrettanto.
Virt? diverse esser convegnon frutti di princ?pi formali, e quei, for ch'uno, seguiter?eno a tua ragion distrutti.
Ancor, se raro fosse di quel bruno cagion che tu dimandi, o d'oltre in parte fora di sua materia s? digiuno esto pianeto, o, s? come comparte lo grasso e 'l magro un corpo, cos? questo nel suo volume cangerebbe carte.
Se 'l primo fosse, fora manifesto ne l'eclissi del sol per trasparere lo lume come in altro raro ingesto.
Questo non ?: per? ? da vedere de l'altro; e s'elli avvien ch'io l'altro cassi, falsificato fia lo tuo parere.
S'elli ? che questo raro non trapassi, esser conviene un termine da onde lo suo contrario pi? passar non lassi; e indi l'altrui raggio si rifonde cos? come color torna per vetro lo qual di retro a s? piombo nasconde.
Or dirai tu ch'el si dimostra tetro ivi lo raggio pi? che in altre parti, per esser l? refratto pi? a retro.
Da questa instanza pu? deliberarti esperienza, se gi? mai la provi, ch'esser suol fonte ai rivi di vostr'arti.
Tre specchi prenderai; e i due rimovi da te d'un modo, e l'altro, pi? rimosso, tr'ambo li primi li occhi tuoi ritrovi.
Rivolto ad essi, fa che dopo il dosso ti stea un lume che i tre specchi accenda e torni a te da tutti ripercosso.
Ben che nel quanto tanto non si stenda la vista pi? lontana, l? vedrai come convien ch'igualmente risplenda.
Or, come ai colpi de li caldi rai de la neve riman nudo il suggetto e dal colore e dal freddo primai, cos? rimaso te ne l'intelletto voglio informar di luce s? vivace, che ti tremoler? nel suo aspetto.
Dentro dal ciel de la divina pace si gira un corpo ne la cui virtute l'esser di tutto suo contento giace.
Lo ciel seguente, c'ha tante vedute, quell'esser parte per diverse essenze, da lui distratte e da lui contenute.
Li altri giron per varie differenze le distinzion che dentro da s? hanno dispongono a lor fini e lor semenze.
Questi organi del mondo cos? vanno, come tu vedi omai, di grado in grado, che di s? prendono e di sotto fanno.
Riguarda bene omai s? com'io vado per questo loco al vero che disiri, s? che poi sappi sol tener lo guado.
Lo moto e la virt? d'i santi giri, come dal fabbro l'arte del martello, da' beati motor convien che spiri; e 'l ciel cui tanti lumi fanno bello, de la mente profonda che lui volve prende l'image e fassene suggello.
E come l'alma dentro a vostra polve per differenti membra e conformate a diverse potenze si risolve, cos? l'intelligenza sua bontate multiplicata per le stelle spiega, girando s? sovra sua unitate.
Virt? diversa fa diversa lega col prezioso corpo ch'ella avviva, nel qual, s? come vita in voi, si lega.
Per la natura lieta onde deriva, la virt? mista per lo corpo luce come letizia per pupilla viva.
Da essa vien ci? che da luce a luce par differente, non da denso e raro; essa ? formal principio che produce, conforme a sua bont?, lo turbo e 'l chiaro».
Paradiso: Canto III Quel sol che pria d'amor mi scald? 'l petto, di bella verit? m'avea scoverto, provando e riprovando, il dolce aspetto; e io, per confessar corretto e certo me stesso, tanto quanto si convenne leva' il capo a proferer pi? erto; ma visione apparve che ritenne a s? me tanto stretto, per vedersi, che di mia confession non mi sovvenne.
Quali per vetri trasparenti e tersi, o ver per acque nitide e tranquille, non s? profonde che i fondi sien persi, tornan d'i nostri visi le postille debili s?, che perla in bianca fronte non vien men forte a le nostre pupille; tali vid'io pi? facce a parlar pronte; per ch'io dentro a l'error contrario corsi a quel ch'accese amor tra l'omo e 'l fonte.
S?bito s? com'io di lor m'accorsi, quelle stimando specchiati sembianti, per veder di cui fosser, li occhi torsi; e nulla vidi, e ritorsili avanti dritti nel lume de la dolce guida, che, sorridendo, ardea ne li occhi santi.
«Non ti maravigliar perch'io sorrida», mi disse, «appresso il tuo pueril coto, poi sopra 'l vero ancor lo pi? non fida, ma te rivolve, come suole, a v?to: vere sustanze son ci? che tu vedi, qui rilegate per manco di voto.
Per? parla con esse e odi e credi; ch? la verace luce che li appaga da s? non lascia lor torcer li piedi».
E io a l'ombra che parea pi? vaga di ragionar, drizza'mi, e cominciai, quasi com'uom cui troppa voglia smaga: «O ben creato spirito, che a' rai di vita etterna la dolcezza senti che, non gustata, non s'intende mai, grazioso mi fia se mi contenti del nome tuo e de la vostra sorte».
Ond'ella, pronta e con occhi ridenti: «La nostra carit? non serra porte a giusta voglia, se non come quella che vuol simile a s? tutta sua corte.
I' fui nel mondo vergine sorella; e se la mente tua ben s? riguarda, non mi ti celer? l'esser pi? bella, ma riconoscerai ch'i' son Piccarda, che, posta qui con questi altri beati, beata sono in la spera pi? tarda.
Li nostri affetti, che solo infiammati son nel piacer de lo Spirito Santo, letizian del suo ordine formati.
E questa sorte che par gi? cotanto, per? n'? data, perch? fuor negletti li nostri voti, e v?ti in alcun canto».
Ond'io a lei: «Ne' mirabili aspetti vostri risplende non so che divino che vi trasmuta da' primi concetti: per? non fui a rimembrar festino; ma or m'aiuta ci? che tu mi dici, s? che raffigurar m'? pi? latino.
Ma dimmi: voi che siete qui felici, disiderate voi pi? alto loco per pi? vedere e per pi? farvi amici?».
Con quelle altr'ombre pria sorrise un poco; da indi mi rispuose tanto lieta, ch'arder parea d'amor nel primo foco: «Frate, la nostra volont? quieta virt? di carit?, che fa volerne sol quel ch'avemo, e d'altro non ci asseta.
Se disiassimo esser pi? superne, foran discordi li nostri disiri dal voler di colui che qui ne cerne; che vedrai non capere in questi giri, s'essere in carit? ? qui necesse, e se la sua natura ben rimiri.
Anzi ? formale ad esto beato esse tenersi dentro a la divina voglia, per ch'una fansi nostre voglie stesse; s? che, come noi sem di soglia in soglia per questo regno, a tutto il regno piace com'a lo re che 'n suo voler ne 'nvoglia.
E 'n la sua volontade ? nostra pace: ell'? quel mare al qual tutto si move ci? ch'ella cria o che natura face».
Chiaro mi fu allor come ogne dove in cielo ? paradiso, etsi la grazia del sommo ben d'un modo non vi piove.
Ma s? com'elli avvien, s'un cibo sazia e d'un altro rimane ancor la gola, che quel si chere e di quel si ringrazia, cos? fec'io con atto e con parola, per apprender da lei qual fu la tela onde non trasse infino a co la spuola.
«Perfetta vita e alto merto inciela donna pi? s?», mi disse, «a la cui norma nel vostro mondo gi? si veste e vela, perch? fino al morir si vegghi e dorma con quello sposo ch'ogne voto accetta che caritate a suo piacer conforma.
Dal mondo, per seguirla, giovinetta fuggi'mi, e nel suo abito mi chiusi e promisi la via de la sua setta.
Uomini poi, a mal pi? ch'a bene usi, fuor mi rapiron de la dolce chiostra: Iddio si sa qual poi mia vita fusi.
E quest'altro splendor che ti si mostra da la mia destra parte e che s'accende di tutto il lume de la spera nostra, ci? ch'io dico di me, di s? intende; sorella fu, e cos? le fu tolta di capo l'ombra de le sacre bende.
Ma poi che pur al mondo fu rivolta contra suo grado e contra buona usanza, non fu dal vel del cor gi? mai disciolta.
Quest'? la luce de la gran Costanza che del secondo vento di Soave gener? 'l terzo e l'ultima possanza».
Cos? parlommi, e poi cominci? 'Ave, Maria' cantando, e cantando vanio come per acqua cupa cosa grave.
La vista mia, che tanto lei seguio quanto possibil fu, poi che la perse, volsesi al segno di maggior disio, e a Beatrice tutta si converse; ma quella folgor? nel mio sguardo s? che da prima il viso non sofferse; e ci? mi fece a dimandar pi? tardo.
Paradiso: Canto IV Intra due cibi, distanti e moventi d'un modo, prima si morria di fame, che liber'omo l'un recasse ai denti; s? si starebbe un agno intra due brame di fieri lupi, igualmente temendo; s? si starebbe un cane intra due dame: per che, s'i' mi tacea, me non riprendo, da li miei dubbi d'un modo sospinto, poi ch'era necessario, n? commendo.
Io mi tacea, ma 'l mio disir dipinto m'era nel viso, e 'l dimandar con ello, pi? caldo assai che per parlar distinto.
F? s? Beatrice qual f? Daniello, Nabuccodonosor levando d'ira, che l'avea fatto ingiustamente fello; e disse: «Io veggio ben come ti tira uno e altro disio, s? che tua cura s? stessa lega s? che fuor non spira.
Tu argomenti: "Se 'l buon voler dura, la violenza altrui per qual ragione di meritar mi scema la misura?".
Ancor di dubitar ti d? cagione parer tornarsi l'anime a le stelle, secondo la sentenza di Platone.
Queste son le question che nel tuo velle pontano igualmente; e per? pria tratter? quella che pi? ha di felle.
D'i Serafin colui che pi? s'india, Mois?, Samuel, e quel Giovanni che prender vuoli, io dico, non Maria, non hanno in altro cielo i loro scanni che questi spirti che mo t'appariro, n? hanno a l'esser lor pi? o meno anni; ma tutti fanno bello il primo giro, e differentemente han dolce vita per sentir pi? e men l'etterno spiro.
Qui si mostraro, non perch? sortita sia questa spera lor, ma per far segno de la celestial c'ha men salita.
Cos? parlar conviensi al vostro ingegno, per? che solo da sensato apprende ci? che fa poscia d'intelletto degno.
Per questo la Scrittura condescende a vostra facultate, e piedi e mano attribuisce a Dio, e altro intende; e Santa Chiesa con aspetto umano Gabriel e Michel vi rappresenta, e l'altro che Tobia rifece sano.
Quel che Timeo de l'anime argomenta non ? simile a ci? che qui si vede, per? che, come dice, par che senta.
Dice che l'alma a la sua stella riede, credendo quella quindi esser decisa quando natura per forma la diede; e forse sua sentenza ? d'altra guisa che la voce non suona, ed esser puote con intenzion da non esser derisa.
S'elli intende tornare a queste ruote l'onor de la influenza e 'l biasmo, forse in alcun vero suo arco percuote.
Questo principio, male inteso, torse gi? tutto il mondo quasi, s? che Giove, Mercurio e Marte a nominar trascorse.
L'altra dubitazion che ti commove ha men velen, per? che sua malizia non ti poria menar da me altrove.
Parere ingiusta la nostra giustizia ne li occhi d'i mortali, ? argomento di fede e non d'eretica nequizia.
Ma perch? puote vostro accorgimento ben penetrare a questa veritate, come disiri, ti far? contento.
Se violenza ? quando quel che pate niente conferisce a quel che sforza, non fuor quest'alme per essa scusate; ch? volont?, se non vuol, non s'ammorza, ma fa come natura face in foco, se mille volte violenza il torza.
Per che, s'ella si piega assai o poco, segue la forza; e cos? queste fero possendo rifuggir nel santo loco.
Se fosse stato lor volere intero, come tenne Lorenzo in su la grada, e fece Muzio a la sua man severo, cos? l'avria ripinte per la strada ond'eran tratte, come fuoro sciolte; ma cos? salda voglia ? troppo rada.
E per queste parole, se ricolte l'hai come dei, ? l'argomento casso che t'avria fatto noia ancor pi? volte.
Ma or ti s'attraversa un altro passo dinanzi a li occhi, tal che per te stesso non usciresti: pria saresti lasso.
Io t'ho per certo ne la mente messo ch'alma beata non poria mentire, per? ch'? sempre al primo vero appresso; e poi potesti da Piccarda udire che l'affezion del vel Costanza tenne; s? ch'ella par qui meco contradire.
Molte fiate gi?, frate, addivenne che, per fuggir periglio, contra grato si f? di quel che far non si convenne; come Almeone, che, di ci? pregato dal padre suo, la propria madre spense, per non perder piet?, si f? spietato.
A questo punto voglio che tu pense che la forza al voler si mischia, e fanno s? che scusar non si posson l'offense.
Voglia assoluta non consente al danno; ma consentevi in tanto in quanto teme, se si ritrae, cadere in pi? affanno.
Per?, quando Piccarda quello spreme, de la voglia assoluta intende, e io de l'altra; s? che ver diciamo insieme».
Cotal fu l'ondeggiar del santo rio ch'usc? del fonte ond'ogne ver deriva; tal puose in pace uno e altro disio.
«O amanza del primo amante, o diva», diss'io appresso, «il cui parlar m'inonda e scalda s?, che pi? e pi? m'avviva, non ? l'affezion mia tanto profonda, che basti a render voi grazia per grazia; ma quei che vede e puote a ci? risponda.
Io veggio ben che gi? mai non si sazia nostro intelletto, se 'l ver non lo illustra di fuor dal qual nessun vero si spazia.
Posasi in esso, come fera in lustra, tosto che giunto l'ha; e giugner puollo: se non, ciascun disio sarebbe frustra.
Nasce per quello, a guisa di rampollo, a pi? del vero il dubbio; ed ? natura ch'al sommo pinge noi di collo in collo.
Questo m'invita, questo m'assicura con reverenza, donna, a dimandarvi d'un'altra verit? che m'? oscura.
Io vo' saper se l'uom pu? sodisfarvi ai voti manchi s? con altri beni, ch'a la vostra statera non sien parvi».
Beatrice mi guard? con li occhi pieni di faville d'amor cos? divini, che, vinta, mia virtute di? le reni, e quasi mi perdei con li occhi chini.
Paradiso: Canto V «S'io ti fiammeggio nel caldo d'amore di l? dal modo che 'n terra si vede, s? che del viso tuo vinco il valore, non ti maravigliar; ch? ci? procede da perfetto veder, che, come apprende, cos? nel bene appreso move il piede.
Io veggio ben s? come gi? resplende ne l'intelletto tuo l'etterna luce, che, vista, sola e sempre amore accende; e s'altra cosa vostro amor seduce, non ? se non di quella alcun vestigio, mal conosciuto, che quivi traluce.
Tu vuo' saper se con altro servigio, per manco voto, si pu? render tanto che l'anima sicuri di letigio».
S? cominci? Beatrice questo canto; e s? com'uom che suo parlar non spezza, continu? cos? 'l processo santo: «Lo maggior don che Dio per sua larghezza fesse creando, e a la sua bontate pi? conformato, e quel ch'e' pi? apprezza, fu de la volont? la libertate; di che le creature intelligenti, e tutte e sole, fuoro e son dotate.
Or ti parr?, se tu quinci argomenti, l'alto valor del voto, s'? s? fatto che Dio consenta quando tu consenti; ch?, nel fermar tra Dio e l'uomo il patto, vittima fassi di questo tesoro, tal quale io dico; e fassi col suo atto.
Dunque che render puossi per ristoro? Se credi bene usar quel c'hai offerto, di maltolletto vuo' far buon lavoro.
Tu se' omai del maggior punto certo; ma perch? Santa Chiesa in ci? dispensa, che par contra lo ver ch'i' t'ho scoverto, convienti ancor sedere un poco a mensa, per? che 'l cibo rigido c'hai preso, richiede ancora aiuto a tua dispensa.
Apri la mente a quel ch'io ti paleso e fermalvi entro; ch? non fa scienza, sanza lo ritenere, avere inteso.
Due cose si convegnono a l'essenza di questo sacrificio: l'una ? quella di che si fa; l'altr'? la convenenza.
Quest'ultima gi? mai non si cancella se non servata; e intorno di lei s? preciso di sopra si favella: per? necessitato fu a li Ebrei pur l'offerere, ancor ch'alcuna offerta s? permutasse, come saver dei.
L'altra, che per materia t'? aperta, puote ben esser tal, che non si falla se con altra materia si converta.
Ma non trasmuti carco a la sua spalla per suo arbitrio alcun, sanza la volta e de la chiave bianca e de la gialla; e ogne permutanza credi stolta, se la cosa dimessa in la sorpresa come 'l quattro nel sei non ? raccolta.
Per? qualunque cosa tanto pesa per suo valor che tragga ogne bilancia, sodisfar non si pu? con altra spesa.
Non prendan li mortali il voto a ciancia; siate fedeli, e a ci? far non bieci, come Iept? a la sua prima mancia; cui pi? si convenia dicer 'Mal feci', che, servando, far peggio; e cos? stolto ritrovar puoi il gran duca de' Greci, onde pianse Efig?nia il suo bel volto, e f? pianger di s? i folli e i savi ch'udir parlar di cos? fatto c?lto.
Siate, Cristiani, a muovervi pi? gravi: non siate come penna ad ogne vento, e non crediate ch'ogne acqua vi lavi.
Avete il novo e 'l vecchio Testamento, e 'l pastor de la Chiesa che vi guida; questo vi basti a vostro salvamento.
Se mala cupidigia altro vi grida, uomini siate, e non pecore matte, s? che 'l Giudeo di voi tra voi non rida! Non fate com'agnel che lascia il latte de la sua madre, e semplice e lascivo seco medesmo a suo piacer combatte!».
Cos? Beatrice a me com'io scrivo; poi si rivolse tutta disiante a quella parte ove 'l mondo ? pi? vivo.
Lo suo tacere e 'l trasmutar sembiante puoser silenzio al mio cupido ingegno, che gi? nuove questioni avea davante; e s? come saetta che nel segno percuote pria che sia la corda queta, cos? corremmo nel secondo regno.
Quivi la donna mia vid'io s? lieta, come nel lume di quel ciel si mise, che pi? lucente se ne f? 'l pianeta.
E se la stella si cambi? e rise, qual mi fec'io che pur da mia natura trasmutabile son per tutte guise! Come 'n peschiera ch'? tranquilla e pura traggonsi i pesci a ci? che vien di fori per modo che lo stimin lor pastura, s? vid'io ben pi? di mille splendori trarsi ver' noi, e in ciascun s'ud?a: «Ecco chi crescer? li nostri amori».
E s? come ciascuno a noi ven?a, vedeasi l'ombra piena di letizia nel folg?r chiaro che di lei uscia.
Pensa, lettor, se quel che qui s'inizia non procedesse, come tu avresti di pi? savere angosciosa carizia; e per te vederai come da questi m'era in disio d'udir lor condizioni, s? come a li occhi mi fur manifesti.
«O bene nato a cui veder li troni del triunfo etternal concede grazia prima che la milizia s'abbandoni, del lume che per tutto il ciel si spazia noi semo accesi; e per?, se disii di noi chiarirti, a tuo piacer ti sazia».
Cos? da un di quelli spirti pii detto mi fu; e da Beatrice: «D?, d? sicuramente, e credi come a dii».
«Io veggio ben s? come tu t'annidi nel proprio lume, e che de li occhi il traggi, perch'e' corusca s? come tu ridi; ma non so chi tu se', n? perch? aggi, anima degna, il grado de la spera che si vela a' mortai con altrui raggi».
Questo diss'io diritto alla lumera che pria m'avea parlato; ond'ella fessi lucente pi? assai di quel ch'ell'era.
S? come il sol che si cela elli stessi per troppa luce, come 'l caldo ha r?se le temperanze d'i vapori spessi, per pi? letizia s? mi si nascose dentro al suo raggio la figura santa; e cos? chiusa chiusa mi rispuose nel modo che 'l seguente canto canta.
Paradiso: Canto VI «Poscia che Costantin l'aquila volse contr'al corso del ciel, ch'ella seguio dietro a l'antico che Lavina tolse, cento e cent'anni e pi? l'uccel di Dio ne lo stremo d'Europa si ritenne, vicino a' monti de' quai prima usc?o; e sotto l'ombra de le sacre penne govern? 'l mondo l? di mano in mano, e, s? cangiando, in su la mia pervenne.
Cesare fui e son Iustiniano, che, per voler del primo amor ch'i' sento, d'entro le leggi trassi il troppo e 'l vano.
E prima ch'io a l'ovra fossi attento, una natura in Cristo esser, non pi?e, credea, e di tal fede era contento; ma 'l benedetto Agapito, che fue sommo pastore, a la fede sincera mi dirizz? con le parole sue.
Io li credetti; e ci? che 'n sua fede era, vegg'io or chiaro s?, come tu vedi ogni contradizione e falsa e vera.
Tosto che con la Chiesa mossi i piedi, a Dio per grazia piacque di spirarmi l'alto lavoro, e tutto 'n lui mi diedi; e al mio Belisar commendai l'armi, cui la destra del ciel fu s? congiunta, che segno fu ch'i' dovessi posarmi.
Or qui a la question prima s'appunta la mia risposta; ma sua condizione mi stringe a seguitare alcuna giunta, perch? tu veggi con quanta ragione si move contr'al sacrosanto segno e chi 'l s'appropria e chi a lui s'oppone.
Vedi quanta virt? l'ha fatto degno di reverenza; e cominci? da l'ora che Pallante mor? per darli regno.
Tu sai ch'el fece in Alba sua dimora per trecento anni e oltre, infino al fine che i tre a' tre pugnar per lui ancora.
E sai ch'el f? dal mal de le Sabine al dolor di Lucrezia in sette regi, vincendo intorno le genti vicine.
Sai quel ch'el f? portato da li egregi Romani incontro a Brenno, incontro a Pirro, incontro a li altri principi e collegi; onde Torquato e Quinzio, che dal cirro negletto fu nomato, i Deci e ' Fabi ebber la fama che volontier mirro.
Esso atterr? l'orgoglio de li Ar?bi che di retro ad Annibale passaro l'alpestre rocce, Po, di che tu labi.
Sott'esso giovanetti triunfaro Scipione e Pompeo; e a quel colle sotto 'l qual tu nascesti parve amaro.
Poi, presso al tempo che tutto 'l ciel volle redur lo mondo a suo modo sereno, Cesare per voler di Roma il tolle.
E quel che f? da Varo infino a Reno, Isara vide ed Era e vide Senna e ogne valle onde Rodano ? pieno.
Quel che f? poi ch'elli usc? di Ravenna e salt? Rubicon, fu di tal volo, che nol seguiteria lingua n? penna.
Inver' la Spagna rivolse lo stuolo, poi ver' Durazzo, e Farsalia percosse s? ch'al Nil caldo si sent? del duolo.
Antandro e Simeonta, onde si mosse, rivide e l? dov'Ettore si cuba; e mal per Tolomeo poscia si scosse.
Da indi scese folgorando a Iuba; onde si volse nel vostro occidente, ove sentia la pompeana tuba.
Di quel che f? col baiulo seguente, Bruto con Cassio ne l'inferno latra, e Modena e Perugia fu dolente.
Piangene ancor la trista Cleopatra, che, fuggendoli innanzi, dal colubro la morte prese subitana e atra.
Con costui corse infino al lito rubro; con costui puose il mondo in tanta pace, che fu serrato a Giano il suo delubro.
Ma ci? che 'l segno che parlar mi face fatto avea prima e poi era fatturo per lo regno mortal ch'a lui soggiace, diventa in apparenza poco e scuro, se in mano al terzo Cesare si mira con occhio chiaro e con affetto puro; ch? la viva giustizia che mi spira, li concedette, in mano a quel ch'i' dico, gloria di far vendetta a la sua ira.
Or qui t'ammira in ci? ch'io ti repl?co: poscia con Tito a far vendetta corse de la vendetta del peccato antico.
E quando il dente longobardo morse la Santa Chiesa, sotto le sue ali Carlo Magno, vincendo, la soccorse.
Omai puoi giudicar di quei cotali ch'io accusai di sopra e di lor falli, che son cagion di tutti vostri mali.
L'uno al pubblico segno i gigli gialli oppone, e l'altro appropria quello a parte, s? ch'? forte a veder chi pi? si falli.
Faccian li Ghibellin, faccian lor arte sott'altro segno; ch? mal segue quello sempre chi la giustizia e lui diparte; e non l'abbatta esto Carlo novello coi Guelfi suoi, ma tema de li artigli ch'a pi? alto leon trasser lo vello.
Molte fiate gi? pianser li figli per la colpa del padre, e non si creda che Dio trasmuti l'arme per suoi gigli! Questa picciola stella si correda di buoni spirti che son stati attivi perch? onore e fama li succeda: e quando li disiri poggian quivi, s? disviando, pur convien che i raggi del vero amore in s? poggin men vivi.
Ma nel commensurar d'i nostri gaggi col merto ? parte di nostra letizia, perch? non li vedem minor n? maggi.
Quindi addolcisce la viva giustizia in noi l'affetto s?, che non si puote torcer gi? mai ad alcuna nequizia.
Diverse voci fanno dolci note; cos? diversi scanni in nostra vita rendon dolce armonia tra queste rote.
E dentro a la presente margarita luce la luce di Romeo, di cui fu l'ovra grande e bella mal gradita.
Ma i Provenzai che fecer contra lui non hanno riso; e per? mal cammina qual si fa danno del ben fare altrui.
Quattro figlie ebbe, e ciascuna reina, Ramondo Beringhiere, e ci? li fece Romeo, persona um?le e peregrina.
E poi il mosser le parole biece a dimandar ragione a questo giusto, che li assegn? sette e cinque per diece, indi partissi povero e vetusto; e se 'l mondo sapesse il cor ch'elli ebbe mendicando sua vita a frusto a frusto, assai lo loda, e pi? lo loderebbe».
Paradiso: Canto VII «Osanna, sanctus Deus saba?th, superillustrans claritate tua felices ignes horum malac?th!».
Cos?, volgendosi a la nota sua, fu viso a me cantare essa sustanza, sopra la qual doppio lume s'addua: ed essa e l'altre mossero a sua danza, e quasi velocissime faville, mi si velar di s?bita distanza.
Io dubitava e dicea 'Dille, dille!' fra me, 'dille', dicea, 'a la mia donna che mi diseta con le dolci stille'.
Ma quella reverenza che s'indonna di tutto me, pur per Be e per ice, mi richinava come l'uom ch'assonna.
Poco sofferse me cotal Beatrice e cominci?, raggiandomi d'un riso tal, che nel foco faria l'uom felice: «Secondo mio infallibile avviso, come giusta vendetta giustamente punita fosse, t'ha in pensier miso; ma io ti solver? tosto la mente; e tu ascolta, ch? le mie parole di gran sentenza ti faran presente.
Per non soffrire a la virt? che vole freno a suo prode, quell'uom che non nacque, dannando s?, dann? tutta sua prole; onde l'umana specie inferma giacque gi? per secoli molti in grande errore, fin ch'al Verbo di Dio discender piacque u' la natura, che dal suo fattore s'era allungata, un? a s? in persona con l'atto sol del suo etterno amore.
Or drizza il viso a quel ch'or si ragiona: questa natura al suo fattore unita, qual fu creata, fu sincera e buona; ma per s? stessa pur fu ella sbandita di paradiso, per? che si torse da via di verit? e da sua vita.
La pena dunque che la croce porse s'a la natura assunta si misura, nulla gi? mai s? giustamente morse; e cos? nulla fu di tanta ingiura, guardando a la persona che sofferse, in che era contratta tal natura.
Per? d'un atto uscir cose diverse: ch'a Dio e a' Giudei piacque una morte; per lei trem? la terra e 'l ciel s'aperse.
Non ti dee oramai parer pi? forte, quando si dice che giusta vendetta poscia vengiata fu da giusta corte.
Ma io veggi' or la tua mente ristretta di pensiero in pensier dentro ad un nodo, del qual con gran disio solver s'aspetta.
Tu dici: "Ben discerno ci? ch'i' odo; ma perch? Dio volesse, m'? occulto, a nostra redenzion pur questo modo".
Questo decreto, frate, sta sepulto a li occhi di ciascuno il cui ingegno ne la fiamma d'amor non ? adulto.
Veramente, per? ch'a questo segno molto si mira e poco si discerne, dir? perch? tal modo fu pi? degno.
La divina bont?, che da s? sperne ogne livore, ardendo in s?, sfavilla s? che dispiega le bellezze etterne.
Ci? che da lei sanza mezzo distilla non ha poi fine, perch? non si move la sua imprenta quand'ella sigilla.
Ci? che da essa sanza mezzo piove libero ? tutto, perch? non soggiace a la virtute de le cose nove.
Pi? l'? conforme, e per? pi? le piace; ch? l'ardor santo ch'ogne cosa raggia, ne la pi? somigliante ? pi? vivace.
Di tutte queste dote s'avvantaggia l'umana creatura; e s'una manca, di sua nobilit? convien che caggia.
Solo il peccato ? quel che la disfranca e falla diss?mile al sommo bene, per che del lume suo poco s'imbianca; e in sua dignit? mai non rivene, se non riempie, dove colpa v?ta, contra mal dilettar con giuste pene.
Vostra natura, quando pecc? tota nel seme suo, da queste dignitadi, come di paradiso, fu remota; n? ricovrar potiensi, se tu badi ben sottilmente, per alcuna via, sanza passar per un di questi guadi: o che Dio solo per sua cortesia dimesso avesse, o che l'uom per s? isso avesse sodisfatto a sua follia.
Ficca mo l'occhio per entro l'abisso de l'etterno consiglio, quanto puoi al mio parlar distrettamente fisso.
Non potea l'uomo ne' termini suoi mai sodisfar, per non potere ir giuso con umiltate obediendo poi, quanto disobediendo intese ir suso; e questa ? la cagion per che l'uom fue da poter sodisfar per s? dischiuso.
Dunque a Dio convenia con le vie sue riparar l'omo a sua intera vita, dico con l'una, o ver con amendue.
Ma perch? l'ovra tanto ? pi? gradita da l'operante, quanto pi? appresenta de la bont? del core ond'ell'? uscita, la divina bont? che 'l mondo imprenta, di proceder per tutte le sue vie, a rilevarvi suso, fu contenta.
N? tra l'ultima notte e 'l primo die s? alto o s? magnifico processo, o per l'una o per l'altra, fu o fie: ch? pi? largo fu Dio a dar s? stesso per far l'uom sufficiente a rilevarsi, che s'elli avesse sol da s? dimesso; e tutti li altri modi erano scarsi a la giustizia, se 'l Figliuol di Dio non fosse umiliato ad incarnarsi.
Or per empierti bene ogni disio, ritorno a dichiararti in alcun loco, perch? tu veggi l? cos? com'io.
Tu dici: "Io veggio l'acqua, io veggio il foco, l'aere e la terra e tutte lor misture venire a corruzione, e durar poco; e queste cose pur furon creature; per che, se ci? ch'? detto ? stato vero, esser dovrien da corruzion sicure".
Li angeli, frate, e 'l paese sincero nel qual tu se', dir si posson creati, s? come sono, in loro essere intero; ma li elementi che tu hai nomati e quelle cose che di lor si fanno da creata virt? sono informati.
Creata fu la materia ch'elli hanno; creata fu la virt? informante in queste stelle che 'ntorno a lor vanno.
L'anima d'ogne bruto e de le piante di complession potenziata tira lo raggio e 'l moto de le luci sante; ma vostra vita sanza mezzo spira la somma beninanza, e la innamora di s? s? che poi sempre la disira.
E quinci puoi argomentare ancora vostra resurrezion, se tu ripensi come l'umana carne fessi allora che li primi parenti intrambo fensi».
Paradiso: Canto VIII Solea creder lo mondo in suo periclo che la bella Ciprigna il folle amore raggiasse, volta nel terzo epiciclo; per che non pur a lei faceano onore di sacrificio e di votivo grido le genti antiche ne l'antico errore; ma Dione onoravano e Cupido, quella per madre sua, questo per figlio, e dicean ch'el sedette in grembo a Dido; e da costei ond'io principio piglio pigliavano il vocabol de la stella che 'l sol vagheggia or da coppa or da ciglio.
Io non m'accorsi del salire in ella; ma d'esservi entro mi f? assai fede la donna mia ch'i' vidi far pi? bella.
E come in fiamma favilla si vede, e come in voce voce si discerne, quand'una ? ferma e altra va e riede, vid'io in essa luce altre lucerne muoversi in giro pi? e men correnti, al modo, credo, di lor viste interne.
Di fredda nube non disceser venti, o visibili o no, tanto festini, che non paressero impediti e lenti a chi avesse quei lumi divini veduti a noi venir, lasciando il giro pria cominciato in li alti Serafini; e dentro a quei che pi? innanzi appariro sonava 'Osanna' s?, che unque poi di riudir non fui sanza disiro.
Indi si fece l'un pi? presso a noi e solo incominci?: «Tutti sem presti al tuo piacer, perch? di noi ti gioi.
Noi ci volgiam coi principi celesti d'un giro e d'un girare e d'una sete, ai quali tu del mondo gi? dicesti: 'Voi che 'ntendendo il terzo ciel movete'; e sem s? pien d'amor, che, per piacerti, non fia men dolce un poco di quiete».
Poscia che li occhi miei si fuoro offerti a la mia donna reverenti, ed essa fatti li avea di s? contenti e certi, rivolsersi a la luce che promessa tanto s'avea, e «Deh, chi siete?» fue la voce mia di grande affetto impressa.
E quanta e quale vid'io lei far pi?e per allegrezza nova che s'accrebbe, quando parlai, a l'allegrezze sue! Cos? fatta, mi disse: «Il mondo m'ebbe gi? poco tempo; e se pi? fosse stato, molto sar? di mal, che non sarebbe.
La mia letizia mi ti tien celato che mi raggia dintorno e mi nasconde quasi animal di sua seta fasciato.
Assai m'amasti, e avesti ben onde; che s'io fossi gi? stato, io ti mostrava di mio amor pi? oltre che le fronde.
Quella sinistra riva che si lava di Rodano poi ch'? misto con Sorga, per suo segnore a tempo m'aspettava, e quel corno d'Ausonia che s'imborga di Bari e di Gaeta e di Catona da ove Tronto e Verde in mare sgorga.
Fulgeami gi? in fronte la corona di quella terra che 'l Danubio riga poi che le ripe tedesche abbandona.
E la bella Trinacria, che caliga tra Pachino e Peloro, sopra 'l golfo che riceve da Euro maggior briga, non per Tifeo ma per nascente solfo, attesi avrebbe li suoi regi ancora, nati per me di Carlo e di Ridolfo, se mala segnoria, che sempre accora li popoli suggetti, non avesse mosso Palermo a gridar: "Mora, mora!".
E se mio frate questo antivedesse, l'avara povert? di Catalogna gi? fuggeria, perch? non li offendesse; ch? veramente proveder bisogna per lui, o per altrui, s? ch'a sua barca carcata pi? d'incarco non si pogna.
La sua natura, che di larga parca discese, avria mestier di tal milizia che non curasse di mettere in arca».
«Per? ch'i' credo che l'alta letizia che 'l tuo parlar m'infonde, segnor mio, l? 've ogne ben si termina e s'inizia, per te si veggia come la vegg'io, grata m'? pi?; e anco quest'ho caro perch? 'l discerni rimirando in Dio.
Fatto m'hai lieto, e cos? mi fa chiaro, poi che, parlando, a dubitar m'hai mosso com'esser pu?, di dolce seme, amaro».
Questo io a lui; ed elli a me: «S'io posso mostrarti un vero, a quel che tu dimandi terrai lo viso come tien lo dosso.
Lo ben che tutto il regno che tu scandi volge e contenta, fa esser virtute sua provedenza in questi corpi grandi.
E non pur le nature provedute sono in la mente ch'? da s? perfetta, ma esse insieme con la lor salute: per che quantunque quest'arco saetta disposto cade a proveduto fine, s? come cosa in suo segno diretta.
Se ci? non fosse, il ciel che tu cammine producerebbe s? li suoi effetti, che non sarebbero arti, ma ruine; e ci? esser non pu?, se li 'ntelletti che muovon queste stelle non son manchi, e manco il primo, che non li ha perfetti.
Vuo' tu che questo ver pi? ti s'imbianchi?».
E io: «Non gi?; ch? impossibil veggio che la natura, in quel ch'? uopo, stanchi».
Ond'elli ancora: «Or di': sarebbe il peggio per l'omo in terra, se non fosse cive?».
«S?», rispuos'io; «e qui ragion non cheggio».
«E puot'elli esser, se gi? non si vive diversamente per diversi offici? Non, se 'l maestro vostro ben vi scrive».
S? venne deducendo infino a quici; poscia conchiuse: «Dunque esser diverse convien di vostri effetti le radici: per ch'un nasce Solone e altro Serse, altro Melchised?ch e altro quello che, volando per l'aere, il figlio perse.
La circular natura, ch'? suggello a la cera mortal, fa ben sua arte, ma non distingue l'un da l'altro ostello.
Quinci addivien ch'Esa? si diparte per seme da Iac?b; e vien Quirino da s? vil padre, che si rende a Marte.
Natura generata il suo cammino simil farebbe sempre a' generanti, se non vincesse il proveder divino.
Or quel che t'era dietro t'? davanti: ma perch? sappi che di te mi giova, un corollario voglio che t'ammanti.
Sempre natura, se fortuna trova discorde a s?, com'ogne altra semente fuor di sua region, fa mala prova.
E se 'l mondo l? gi? ponesse mente al fondamento che natura pone, seguendo lui, avria buona la gente.
Ma voi torcete a la religione tal che fia nato a cignersi la spada, e fate re di tal ch'? da sermone; onde la traccia vostra ? fuor di strada».
Paradiso: Canto IX Da poi che Carlo tuo, bella Clemenza, m'ebbe chiarito, mi narr? li 'nganni che ricever dovea la sua semenza; ma disse: «Taci e lascia muover li anni»; s? ch'io non posso dir se non che pianto giusto verr? di retro ai vostri danni.
E gi? la vita di quel lume santo rivolta s'era al Sol che la riempie come quel ben ch'a ogne cosa ? tanto.
Ahi anime ingannate e fatture empie, che da s? fatto ben torcete i cuori, drizzando in vanit? le vostre tempie! Ed ecco un altro di quelli splendori ver' me si fece, e 'l suo voler piacermi significava nel chiarir di fori.
Li occhi di Beatrice, ch'eran fermi sovra me, come pria, di caro assenso al mio disio certificato fermi.
«Deh, metti al mio voler tosto compenso, beato spirto», dissi, «e fammi prova ch'i' possa in te refletter quel ch'io penso!».
Onde la luce che m'era ancor nova, del suo profondo, ond'ella pria cantava, seguette come a cui di ben far giova: «In quella parte de la terra prava italica che siede tra Rialto e le fontane di Brenta e di Piava, si leva un colle, e non surge molt'alto, l? onde scese gi? una facella che fece a la contrada un grande assalto.
D'una radice nacqui e io ed ella: Cunizza fui chiamata, e qui refulgo perch? mi vinse il lume d'esta stella; ma lietamente a me medesma indulgo la cagion di mia sorte, e non mi noia; che parria forse forte al vostro vulgo.
Di questa luculenta e cara gioia del nostro cielo che pi? m'? propinqua, grande fama rimase; e pria che moia, questo centesimo anno ancor s'incinqua: vedi se far si dee l'omo eccellente, s? ch'altra vita la prima relinqua.
E ci? non pensa la turba presente che Tagliamento e Adice richiude, n? per esser battuta ancor si pente; ma tosto fia che Padova al palude canger? l'acqua che Vincenza bagna, per essere al dover le genti crude; e dove Sile e Cagnan s'accompagna, tal signoreggia e va con la testa alta, che gi? per lui carpir si fa la ragna.
Pianger? Feltro ancora la difalta de l'empio suo pastor, che sar? sconcia s?, che per simil non s'entr? in malta.
Troppo sarebbe larga la bigoncia che ricevesse il sangue ferrarese, e stanco chi 'l pesasse a oncia a oncia, che doner? questo prete cortese per mostrarsi di parte; e cotai doni conformi fieno al viver del paese.
S? sono specchi, voi dicete Troni, onde refulge a noi Dio giudicante; s? che questi parlar ne paion buoni».
Qui si tacette; e fecemi sembiante che fosse ad altro volta, per la rota in che si mise com'era davante.
L'altra letizia, che m'era gi? nota per cara cosa, mi si fece in vista qual fin balasso in che lo sol percuota.
Per letiziar l? s? fulgor s'acquista, s? come riso qui; ma gi? s'abbuia l'ombra di fuor, come la mente ? trista.
«Dio vede tutto, e tuo veder s'inluia», diss'io, «beato spirto, s? che nulla voglia di s? a te puot'esser fuia.
Dunque la voce tua, che 'l ciel trastulla sempre col canto di quei fuochi pii che di sei ali facen la coculla, perch? non satisface a' miei disii? Gi? non attendere' io tua dimanda, s'io m'intuassi, come tu t'inmii».
«La maggior valle in che l'acqua si spanda», incominciaro allor le sue parole, «fuor di quel mar che la terra inghirlanda, tra ' discordanti liti contra 'l sole tanto sen va, che fa meridiano l? dove l'orizzonte pria far suole.
Di quella valle fu' io litorano tra Ebro e Macra, che per cammin corto parte lo Genovese dal Toscano.
Ad un occaso quasi e ad un orto Buggea siede e la terra ond'io fui, che f? del sangue suo gi? caldo il porto.
Folco mi disse quella gente a cui fu noto il nome mio; e questo cielo di me s'imprenta, com'io fe' di lui; ch? pi? non arse la figlia di Belo, noiando e a Sicheo e a Creusa, di me, infin che si convenne al pelo; n? quella Rodopea che delusa fu da Demofoonte, n? Alcide quando Iole nel core ebbe rinchiusa.
Non per? qui si pente, ma si ride, non de la colpa, ch'a mente non torna, ma del valor ch'ordin? e provide.
Qui si rimira ne l'arte ch'addorna cotanto affetto, e discernesi 'l bene per che 'l mondo di s? quel di gi? torna.
Ma perch? tutte le tue voglie piene ten porti che son nate in questa spera, proceder ancor oltre mi convene.
Tu vuo' saper chi ? in questa lumera che qui appresso me cos? scintilla, come raggio di sole in acqua mera.
Or sappi che l? entro si tranquilla Raab; e a nostr'ordine congiunta, di lei nel sommo grado si sigilla.
Da questo cielo, in cui l'ombra s'appunta che 'l vostro mondo face, pria ch'altr'alma del triunfo di Cristo fu assunta.
Ben si convenne lei lasciar per palma in alcun cielo de l'alta vittoria che s'acquist? con l'una e l'altra palma, perch'ella favor? la prima gloria di Iosu? in su la Terra Santa, che poco tocca al papa la memoria.
La tua citt?, che di colui ? pianta che pria volse le spalle al suo fattore e di cui ? la 'nvidia tanto pianta, produce e spande il maladetto fiore c'ha disviate le pecore e li agni, per? che fatto ha lupo del pastore.
Per questo l'Evangelio e i dottor magni son derelitti, e solo ai Decretali si studia, s? che pare a' lor vivagni.
A questo intende il papa e ' cardinali; non vanno i lor pensieri a Nazarette, l? dove Gabriello aperse l'ali.
Ma Vaticano e l'altre parti elette di Roma che son state cimitero a la milizia che Pietro seguette, tosto libere fien de l'avoltero».
Paradiso: Canto X Guardando nel suo Figlio con l'Amore che l'uno e l'altro etternalmente spira, lo primo e ineffabile Valore quanto per mente e per loco si gira con tant'ordine f?, ch'esser non puote sanza gustar di lui chi ci? rimira.
Leva dunque, lettore, a l'alte rote meco la vista, dritto a quella parte dove l'un moto e l'altro si percuote; e l? comincia a vagheggiar ne l'arte di quel maestro che dentro a s? l'ama, tanto che mai da lei l'occhio non parte.
Vedi come da indi si dirama l'oblico cerchio che i pianeti porta, per sodisfare al mondo che li chiama.
Che se la strada lor non fosse torta, molta virt? nel ciel sarebbe in vano, e quasi ogne potenza qua gi? morta; e se dal dritto pi? o men lontano fosse 'l partire, assai sarebbe manco e gi? e s? de l'ordine mondano.
Or ti riman, lettor, sovra 'l tuo banco, dietro pensando a ci? che si preliba, s'esser vuoi lieto assai prima che stanco.
Messo t'ho innanzi: omai per te ti ciba; ch? a s? torce tutta la mia cura quella materia ond'io son fatto scriba.
Lo ministro maggior de la natura, che del valor del ciel lo mondo imprenta e col suo lume il tempo ne misura, con quella parte che s? si rammenta congiunto, si girava per le spire in che pi? tosto ognora s'appresenta; e io era con lui; ma del salire non m'accors'io, se non com'uom s'accorge, anzi 'l primo pensier, del suo venire.
E' Beatrice quella che s? scorge di bene in meglio, s? subitamente che l'atto suo per tempo non si sporge.
Quant'esser convenia da s? lucente quel ch'era dentro al sol dov'io entra'mi, non per color, ma per lume parvente! Perch'io lo 'ngegno e l'arte e l'uso chiami, s? nol direi che mai s'imaginasse; ma creder puossi e di veder si brami.
E se le fantasie nostre son basse a tanta altezza, non ? maraviglia; ch? sopra 'l sol non fu occhio ch'andasse.
Tal era quivi la quarta famiglia de l'alto Padre, che sempre la sazia, mostrando come spira e come figlia.
E Beatrice cominci?: «Ringrazia, ringrazia il Sol de li angeli, ch'a questo sensibil t'ha levato per sua grazia».
Cor di mortal non fu mai s? digesto a divozione e a rendersi a Dio con tutto 'l suo gradir cotanto presto, come a quelle parole mi fec'io; e s? tutto 'l mio amore in lui si mise, che Beatrice ecliss? ne l'oblio.
Non le dispiacque; ma s? se ne rise, che lo splendor de li occhi suoi ridenti mia mente unita in pi? cose divise.
Io vidi pi? folg?r vivi e vincenti far di noi centro e di s? far corona, pi? dolci in voce che in vista lucenti: cos? cinger la figlia di Latona vedem talvolta, quando l'aere ? pregno, s? che ritenga il fil che fa la zona.
Ne la corte del cielo, ond'io rivegno, si trovan molte gioie care e belle tanto che non si posson trar del regno; e 'l canto di quei lumi era di quelle; chi non s'impenna s? che l? s? voli, dal muto aspetti quindi le novelle.
Poi, s? cantando, quelli ardenti soli si fuor girati intorno a noi tre volte, come stelle vicine a' fermi poli, donne mi parver, non da ballo sciolte, ma che s'arrestin tacite, ascoltando fin che le nove note hanno ricolte.
E dentro a l'un senti' cominciar: «Quando lo raggio de la grazia, onde s'accende verace amore e che poi cresce amando, multiplicato in te tanto resplende, che ti conduce su per quella scala u' sanza risalir nessun discende; qual ti negasse il vin de la sua fiala per la tua sete, in libert? non fora se non com'acqua ch'al mar non si cala.
Tu vuo' saper di quai piante s'infiora questa ghirlanda che 'ntorno vagheggia la bella donna ch'al ciel t'avvalora.
Io fui de li agni de la santa greggia che Domenico mena per cammino u' ben s'impingua se non si vaneggia.
Questi che m'? a destra pi? vicino, frate e maestro fummi, ed esso Alberto ? di Cologna, e io Thomas d'Aquino.
Se s? di tutti li altri esser vuo' certo, di retro al mio parlar ten vien col viso girando su per lo beato serto.
Quell'altro fiammeggiare esce del riso di Grazian, che l'uno e l'altro foro aiut? s? che piace in paradiso.
L'altro ch'appresso addorna il nostro coro, quel Pietro fu che con la poverella offerse a Santa Chiesa suo tesoro.
La quinta luce, ch'? tra noi pi? bella, spira di tal amor, che tutto 'l mondo l? gi? ne gola di saper novella: entro v'? l'alta mente u' s? profondo saver fu messo, che, se 'l vero ? vero a veder tanto non surse il secondo.
Appresso vedi il lume di quel cero che gi? in carne pi? a dentro vide l'angelica natura e 'l ministero.
Ne l'altra piccioletta luce ride quello avvocato de' tempi cristiani del cui latino Augustin si provide.
Or se tu l'occhio de la mente trani di luce in luce dietro a le mie lode, gi? de l'ottava con sete rimani.
Per vedere ogni ben dentro vi gode l'anima santa che 'l mondo fallace fa manifesto a chi di lei ben ode.
Lo corpo ond'ella fu cacciata giace giuso in Cieldauro; ed essa da martiro e da essilio venne a questa pace.
Vedi oltre fiammeggiar l'ardente spiro d'Isidoro, di Beda e di Riccardo, che a considerar fu pi? che viro.
Questi onde a me ritorna il tuo riguardo, ? 'l lume d'uno spirto che 'n pensieri gravi a morir li parve venir tardo: essa ? la luce etterna di Sigieri, che, leggendo nel Vico de li Strami, silogizz? invidiosi veri».
Indi, come orologio che ne chiami ne l'ora che la sposa di Dio surge a mattinar lo sposo perch? l'ami, che l'una parte e l'altra tira e urge, tin tin sonando con s? dolce nota, che 'l ben disposto spirto d'amor turge; cos? vid'io la gloriosa rota muoversi e render voce a voce in tempra e in dolcezza ch'esser non p? nota se non col? dove gioir s'insempra.
Paradiso: Canto XI O insensata cura de' mortali, quanto son difettivi silogismi quei che ti fanno in basso batter l'ali! Chi dietro a iura, e chi ad amforismi sen giva, e chi seguendo sacerdozio, e chi regnar per forza o per sofismi, e chi rubare, e chi civil negozio, chi nel diletto de la carne involto s'affaticava e chi si dava a l'ozio, quando, da tutte queste cose sciolto, con Beatrice m'era suso in cielo cotanto gloriosamente accolto.
Poi che ciascuno fu tornato ne lo punto del cerchio in che avanti s'era, fermossi, come a candellier candelo.
E io senti' dentro a quella lumera che pria m'avea parlato, sorridendo incominciar, faccendosi pi? mera: «Cos? com'io del suo raggio resplendo, s?, riguardando ne la luce etterna, li tuoi pensieri onde cagioni apprendo.
Tu dubbi, e hai voler che si ricerna in s? aperta e 'n s? distesa lingua lo dicer mio, ch'al tuo sentir si sterna, ove dinanzi dissi "U' ben s'impingua", e l? u' dissi "Non nacque il secondo"; e qui ? uopo che ben si distingua.
La provedenza, che governa il mondo con quel consiglio nel quale ogne aspetto creato ? vinto pria che vada al fondo, per? che andasse ver' lo suo diletto la sposa di colui ch'ad alte grida dispos? lei col sangue benedetto, in s? sicura e anche a lui pi? fida, due principi ordin? in suo favore, che quinci e quindi le fosser per guida.
L'un fu tutto serafico in ardore; l'altro per sapienza in terra fue di cherubica luce uno splendore.
De l'un dir?, per? che d'amendue si dice l'un pregiando, qual ch'om prende, perch'ad un fine fur l'opere sue.
Intra Tupino e l'acqua che discende del colle eletto dal beato Ubaldo, fertile costa d'alto monte pende, onde Perugia sente freddo e caldo da Porta Sole; e di rietro le piange per grave giogo Nocera con Gualdo.
Di questa costa, l? dov'ella frange pi? sua rattezza, nacque al mondo un sole, come fa questo tal volta di Gange.
Per? chi d'esso loco fa parole, non dica Ascesi, ch? direbbe corto, ma Oriente, se proprio dir vuole.
Non era ancor molto lontan da l'orto, ch'el cominci? a far sentir la terra de la sua gran virtute alcun conforto; ch? per tal donna, giovinetto, in guerra del padre corse, a cui, come a la morte, la porta del piacer nessun diserra; e dinanzi a la sua spirital corte et coram patre le si fece unito; poscia di d? in d? l'am? pi? forte.
Questa, privata del primo marito, millecent'anni e pi? dispetta e scura fino a costui si stette sanza invito; n? valse udir che la trov? sicura con Amiclate, al suon de la sua voce, colui ch'a tutto 'l mondo f? paura; n? valse esser costante n? feroce, s? che, dove Maria rimase giuso, ella con Cristo pianse in su la croce.
Ma perch'io non proceda troppo chiuso, Francesco e Povert? per questi amanti prendi oramai nel mio parlar diffuso.
La lor concordia e i lor lieti sembianti, amore e maraviglia e dolce sguardo facieno esser cagion di pensier santi; tanto che 'l venerabile Bernardo si scalz? prima, e dietro a tanta pace corse e, correndo, li parve esser tardo.
Oh ignota ricchezza! oh ben ferace! Scalzasi Egidio, scalzasi Silvestro dietro a lo sposo, s? la sposa piace.
Indi sen va quel padre e quel maestro con la sua donna e con quella famiglia che gi? legava l'umile capestro.
N? li grav? vilt? di cuor le ciglia per esser fi' di Pietro Bernardone, n? per parer dispetto a maraviglia; ma regalmente sua dura intenzione ad Innocenzio aperse, e da lui ebbe primo sigillo a sua religione.
Poi che la gente poverella crebbe dietro a costui, la cui mirabil vita meglio in gloria del ciel si canterebbe, di seconda corona redimita fu per Onorio da l'Etterno Spiro la santa voglia d'esto archimandrita.
E poi che, per la sete del martiro, ne la presenza del Soldan superba predic? Cristo e li altri che 'l seguiro, e per trovare a conversione acerba troppo la gente e per non stare indarno, redissi al frutto de l'italica erba, nel crudo sasso intra Tevero e Arno da Cristo prese l'ultimo sigillo, che le sue membra due anni portarno.
Quando a colui ch'a tanto ben sortillo piacque di trarlo suso a la mercede ch'el merit? nel suo farsi pusillo, a' frati suoi, s? com'a giuste rede, raccomand? la donna sua pi? cara, e comand? che l'amassero a fede; e del suo grembo l'anima preclara mover si volle, tornando al suo regno, e al suo corpo non volle altra bara.
Pensa oramai qual fu colui che degno collega fu a mantener la barca di Pietro in alto mar per dritto segno; e questo fu il nostro patriarca; per che qual segue lui, com'el comanda, discerner puoi che buone merce carca.
Ma 'l suo pecuglio di nova vivanda ? fatto ghiotto, s? ch'esser non puote che per diversi salti non si spanda; e quanto le sue pecore remote e vagabunde pi? da esso vanno, pi? tornano a l'ovil di latte v?te.
Ben son di quelle che temono 'l danno e stringonsi al pastor; ma son s? poche, che le cappe fornisce poco panno.
Or, se le mie parole non son fioche, se la tua audienza ? stata attenta, se ci? ch'? detto a la mente revoche, in parte fia la tua voglia contenta, perch? vedrai la pianta onde si scheggia, e vedra' il corr?gger che argomenta "U' ben s'impingua, se non si vaneggia"».
Paradiso: Canto XII S? tosto come l'ultima parola la benedetta fiamma per dir tolse, a rotar cominci? la santa mola; e nel suo giro tutta non si volse prima ch'un'altra di cerchio la chiuse, e moto a moto e canto a canto colse; canto che tanto vince nostre muse, nostre serene in quelle dolci tube, quanto primo splendor quel ch'e' refuse.
Come si volgon per tenera nube due archi paralelli e concolori, quando Iunone a sua ancella iube, nascendo di quel d'entro quel di fori, a guisa del parlar di quella vaga ch'amor consunse come sol vapori; e fanno qui la gente esser presaga, per lo patto che Dio con No? puose, del mondo che gi? mai pi? non s'allaga: cos? di quelle sempiterne rose volgiensi circa noi le due ghirlande, e s? l'estrema a l'intima rispuose.
Poi che 'l tripudio e l'altra festa grande, s? del cantare e s? del fiammeggiarsi luce con luce gaudiose e blande, insieme a punto e a voler quetarsi, pur come li occhi ch'al piacer che i move conviene insieme chiudere e levarsi; del cor de l'una de le luci nove si mosse voce, che l'ago a la stella parer mi fece in volgermi al suo dove; e cominci?: «L'amor che mi fa bella mi tragge a ragionar de l'altro duca per cui del mio s? ben ci si favella.
Degno ? che, dov'? l'un, l'altro s'induca: s? che, com'elli ad una militaro, cos? la gloria loro insieme luca.
L'essercito di Cristo, che s? caro cost? a riarmar, dietro a la 'nsegna si movea tardo, sospeccioso e raro, quando lo 'mperador che sempre regna provide a la milizia, ch'era in forse, per sola grazia, non per esser degna; e, come ? detto, a sua sposa soccorse con due campioni, al cui fare, al cui dire lo popol disviato si raccorse.
In quella parte ove surge ad aprire Zefiro dolce le novelle fronde di che si vede Europa rivestire, non molto lungi al percuoter de l'onde dietro a le quali, per la lunga foga, lo sol talvolta ad ogne uom si nasconde, siede la fortunata Calaroga sotto la protezion del grande scudo in che soggiace il leone e soggioga: dentro vi nacque l'amoroso drudo de la fede cristiana, il santo atleta benigno a' suoi e a' nemici crudo; e come fu creata, fu repleta s? la sua mente di viva vertute, che, ne la madre, lei fece profeta.
Poi che le sponsalizie fuor compiute al sacro fonte intra lui e la Fede, u' si dotar di mutua salute, la donna che per lui l'assenso diede, vide nel sonno il mirabile frutto ch'uscir dovea di lui e de le rede; e perch? fosse qual era in costrutto, quinci si mosse spirito a nomarlo del possessivo di cui era tutto.
Domenico fu detto; e io ne parlo s? come de l'agricola che Cristo elesse a l'orto suo per aiutarlo.
Ben parve messo e famigliar di Cristo: che 'l primo amor che 'n lui fu manifesto, fu al primo consiglio che di? Cristo.
Spesse fiate fu tacito e desto trovato in terra da la sua nutrice, come dicesse: 'Io son venuto a questo'.
Oh padre suo veramente Felice! oh madre sua veramente Giovanna, se, interpretata, val come si dice! Non per lo mondo, per cui mo s'affanna di retro ad Ostiense e a Taddeo, ma per amor de la verace manna in picciol tempo gran dottor si feo; tal che si mise a circuir la vigna che tosto imbianca, se 'l vignaio ? reo.
E a la sedia che fu gi? benigna pi? a' poveri giusti, non per lei, ma per colui che siede, che traligna, non dispensare o due o tre per sei, non la fortuna di prima vacante, non decimas, quae sunt pauperum Dei, addimand?, ma contro al mondo errante licenza di combatter per lo seme del qual ti fascian ventiquattro piante.
Poi, con dottrina e con volere insieme, con l'officio appostolico si mosse quasi torrente ch'alta vena preme; e ne li sterpi eretici percosse l'impeto suo, pi? vivamente quivi dove le resistenze eran pi? grosse.
Di lui si fecer poi diversi rivi onde l'orto catolico si riga, s? che i suoi arbuscelli stan pi? vivi.
Se tal fu l'una rota de la biga in che la Santa Chiesa si difese e vinse in campo la sua civil briga, ben ti dovrebbe assai esser palese l'eccellenza de l'altra, di cui Tomma dinanzi al mio venir fu s? cortese.
Ma l'orbita che f? la parte somma di sua circunferenza, ? derelitta, s? ch'? la muffa dov'era la gromma.
La sua famiglia, che si mosse dritta coi piedi a le sue orme, ? tanto volta, che quel dinanzi a quel di retro gitta; e tosto si vedr? de la ricolta de la mala coltura, quando il loglio si lagner? che l'arca li sia tolta.
Ben dico, chi cercasse a foglio a foglio nostr

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